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“Allora, Pam… Raccontami un po’ di come hai deciso di diventare Creatrice. Quando ci siamo incontrati, tre anni fa, non mi hai dato l’idea di avere chissà quale spiccato istinto materno.”
Pam sorseggiava con eleganza il suo Cosmopolitan corretto al 20% di vero B positivo umano, non sintetico. “Mmm… Erano almeno quarant’anni che non assaggiavo una cosa del genere”, commentò per tutta risposta, distrattamente.
Raistan era appollaiato sul suo trono gotico ricoperto di pelle nera. Dal piccolo soppalco su cui si trovava il trono, si poteva dominare con facilità tutto quello che accadeva nel grande locale; naturalmente, si aveva una perfetta visione di entrambe le gabbie. Attorno al trono, Raistan aveva fatto allestire un piccolo salottino di poltrone, anch’esse in pelle nera e in perfetto pendant con il resto del mobilio, per poter essere a diretto contatto con il suo improvvisato harem statunitense.
Circa un’ora prima, nelle stanze che le aveva destinato Raistan, Pam aveva preso le sue due protette per i capelli e aveva elargito loro un’infarinatura veloce di quale bestia fosse il loro ospite. Non è un vampiro estremamente antico, ma vi garantisco che è molto feroce, aveva detto. Eric non lo terrebbe in così alta considerazione se non lo fosse. Raistan ha una lunga esperienza nel combattere e nell’uccidere. Si potrebbe dire che non ha fatto altro, nella sua vita umana come nei tre secoli e passa di vita da vampiro. E sappiate che non ha il temperamento equilibrato di Eric. No, cazzo, quello gli manca, perciò vi dico una cosa, e fate in modo che non debba ripetervela: non. Pisciate. Fuori. Dal. Vaso. Chiaro?
Chiaro, avevano annuito le due novelline.
Poi Pam aveva scrollato i lunghi boccoli biondi sulle spalle, aveva ordinato a Tara di disfare le valigie e a Jessica di levarsi di torno, e aveva preso possesso della specchiera per ritoccarsi il trucco con aria soddisfatta.
“Pam? Ti ho fatto una domanda.”
Raistan osservò la vampira bionda, che continuava a gustare il Cosmopolitan ignorandolo completamente. Negli occhi le baluginava un’espressione quasi… sognante. Raistan seguì con curiosità la traiettoria del suo sguardo, finendo dritto dritto sui corpi seminudi delle due ballerine vampire, impegnate in una danza sensuale all’interno di una delle due gabbie. Ma certo, ora era tutto chiaro. Sbuffò e si rivolse allora alla giovane vampira dalla pelle color cioccolato, che succhiava rumorosamente dal suo drink alternando la cannuccia a lunghe boccate della canna che Raistan si era premurato di preparare per le sue ospiti. “Tara… Tara Thornton, è così che ti chiami, vero? Com’è che Pam ha scelto te come progenie? Rispondi”, intimò.
Lei fece spallucce. “Sono morta. Pam mi ha resuscitato. Fine della storia” spiegò, brusca, e aspirò profondamente dalla canna, soffiando poi fuori un vigoroso anello di fumo. Il suo accento del sud degli Stati Uniti era molto marcato; lei stessa era molto mascolina, con un corpo tozzo e spigoloso, tutto nervi. Doveva esser stata forte anche da umana. Raistan la trovava rozza eppure, a suo modo, attraente… se non fosse stato per quella smorfia incattivita che aveva perennemente stampata sulla faccia al posto della bocca.
“E tu, invece, Lentiggini? Come mai Compton ha deciso di trasformare una ragazzina delle medie?”
Raistan si era rivolto alla sua sinistra, dove Jessica Hamby, abbigliata con un pantalone stretch di finta pelle nera e una T-Shirt semi stracciata con una stampa raffigurante i Mötley Crue, era anche lei appollaiata con un drink corretto nella mano sinistra - AB negativo, vodka liscia e Kalhua: il classico Red Russian, ovviamente – e una canna nella destra, ma sembrava molto meno a suo agio di Tara.
“Ah… No… Veramente io ero in terza superiore quando… E lui non ha deciso. Insomma, non ha deciso lui di trasformarmi. Io ero la sua punizione” spiegò, incespicando nelle sue stesse parole. Ciò bastò a pungolare la curiosità di Raistan, che drizzò le antenne e cedette al pettegolo che era in lui.
“Spiegati meglio” le ordinò. “Raccontami com’è andata.”
Jessica cercò con gli occhi Tara, che scrollò le spalle e fece un segno con il mento, incoraggiandola a parlare. “Beh, ecco, non c’è molto da dire. Stavo tornando a casa dalla chiesa, e…”
“Bugia” – la interruppe Raistan. Jessica trasalì un poco nell’accorgersi che gli occhi del biondissimo padrone del Cages, con quelle iridi azzurre infiammate di rosso e la particolare pupilla verticale, erano a pochi centimetri dai suoi. “Non eri stata in chiesa, vero, bambina? Dimmi la verità, fa’ la brava.”
“Ok, ok. Erano le tre di notte, io ero uscita di nascosto per andare a una festa in piscina. E stavo aspettando il momento giusto per tornare a casa senza che nessuno se ne accorgesse. Mio padre mi avrebbe ucciso se lo avesse scoperto.” Le sfuggì un sorriso amaro, nel considerare quanto fosse ironica quella scelta di parole. “Naturalmente, non potevo sapere che cercare di non farmi uccidere da mio padre mi avrebbe portato a farmi uccidere da un perfetto sconosciuto. Per farla breve… qualcuno mi ha messo una specie di sacco in testa e mi ha colpito forte. Quando ho ripreso conoscenza, era tutto buio pesto intorno a me, avevo mani e piedi legati e sentivo di essere su un veicolo in movimento. Quei bastardi mi avevano rinchiusa in un bagagliaio.”
“Capisco”, fece Raistan. “Quei bastardi, chi erano?”
“Scagnozzi del Magister” rispose Jessica. “Oh, questo l’ho scoperto solo molto dopo. In pratica, io ero la punizione di Bill, che aveva… non ricordo… ucciso un vampiro o qualcosa del genere, e così per espiare la colpa avrebbe dovuto crearne un altro. Cioè me.”
“Mmmh…. Il Magister, quel grandissimo figlio di troia. Uno spagnolo del cazzo. Sì, l’ho conosciuto. Meno male che qui in Europa non abbiamo nulla del genere. E poi?”
Lentiggini scosse i lunghi capelli color carota. “E poi Bill ha obbedito. Mi ha presa e mi ha dissanguata davanti a tutti i vampiri. C’erano anche Pam ed Eric… credo. Da qualche parte in mezzo alla folla.” Raistan osservava il volto della giovanissima vampira incupirsi e farsi, se possibile, persino più pallido di quanto non fosse già di natura. C’era qualcosa in lei, nell’ingenuità quasi infantile dei suoi atteggiamenti, in quel corpo immortale e letale che ancora non riusciva a padroneggiare alla perfezione, che gli ricordava molto la sua Isabelle... La prima, e finora unica, figlia di sangue che avesse mai avuto.
“Cazzo, è stata la notte più spaventosa della mia vita” - mormorò infine Jessica in un soffio. Cercò con le labbra la cannuccia del suo Red Russian e faticosamente la trovò. Tirò su un lungo sorso e lo inghiottì deglutendo pesantemente, quasi avesse avuto la gola riarsa da una sete protratta troppo a lungo. Un rivoletto scarlatto le colò giù da un angolo delle labbra.
“Mi spiace” commentò scarno Raistan. Il racconto della novellina gli aveva riportato a galla ricordi inquietanti, legati alla sua transizione in vampiro e non solo, che dovevano essere immediatamente scacciati. “Tuttavia essere un vampiro ha i suoi vantaggi, Lentiggini. Hai avuto una bella sfortuna a ritrovarti quel nano di Compton come creatore, questo te lo concedo, ma almeno adesso non devi più sottostare alle regole insulse del mondo umano e della tua famiglia.”
“Oh, lo so! Lo so” affermò Jessica sfoderando un sorriso luminoso. “Essere una vampira mi ha liberata in tutti i sensi. E’ solo che… ogni tanto… ripenso alla mia famiglia umana, alla mia sorellina, e mi chiedo se abbiano sofferto per la mia scomparsa, se riescono ad andare avanti o se… se sono rimasti bloccati lì, ad aspettare il mio ritorno a casa, o almeno una telefonata che li informi del ritrovamento del mio cadavere. Non hanno neppure una tomba su cui mettere dei fiori. Io sono andata a trovarli, poco dopo la mia trasformazione, ma ho combinato un casino e Bill ha dovuto cancellare la loro memoria e così… non sanno niente.” Fece spallucce, e sembrò di nuovo sul punto di piangere.
Raistan si ritrovò a pensare agli Andrews prima ancora di accorgersene; ad Alice e alla piccola Ellie. E si chiese se la storia di Jessica sarebbe diventata quella di Ellie, un giorno: una ragazzina trasformata in vampira contro la sua volontà da un mostro, strappata per sempre al nido e al calore della sua famiglia e trascinata in un’esistenza di tenebre eterne, brutalità e anonimato. Poi… fu raggelato da una sensazione di tiepida, struggente malinconia e si accorse che nella sua mente era balenato per un brevissimo istante il volto, ormai completamente sfocato, di Elisabeth Van Hoeck, sua madre. La sua madre umana. Perché gli era venuta in mente una cosa del genere in quel momento?
“Dannazione” borbottò fra sé e sé, e si alzò in piedi di scatto. Doveva sfogarsi, scacciare quei pensieri. Non poteva lasciare che la serata prendesse una tale piega.
“Dove sta andando, Maestro?” chiese Jessica.
“Alla gabbia. E chiamami Raistan, porca puttana!” disse, allontanandosi verso il centro del locale.
Si fece largo a grandi falcate tra la folla, che non appena lo vide iniziò ad aprirsi in due ali per lasciarlo passare, al grido di Kooi! Kooi! Kooi! - un mormorio incerto che rapidamente si trasformò in un boato impressionante. C’era davvero tanta gente, quella sera, nel Cages. E tutti lo acclamavano come presi da una fulminante isteria collettiva. Si sfilò la giacca di pelle con movimenti lenti e calcolati, mentre continuava ad avanzare. Diversi umani si erano già allineati davanti all’entrata della gabbia, nella speranza di essere scelti dal Padrone per combattere. No. Non questa sera, non con questi pensieri in testa. Se si fosse ritrovato in gabbia con un umano, gli avrebbe strappato la carotide nel giro di tre secondi… Ci voleva un vampiro, qualcuno in grado di riempirgli il corpo di adrenalina pura, qualcuno che lo facesse sanguinare e temere per se stesso. Adocchiò Jasper, impettito e enorme contro lo stipite del portone di uscita, e gli fece un cenno con le dita. Per fortuna non c’era Emma; avrebbe dato di matto, mettendolo in ridicolo davanti a tutti.
“Sei sicuro, Boss?” si accertò Jasper mentre le inferriate dell’ingresso della gabbia venivano sollevate.
“Al cento per cento, bestia. Cerca di non staccarmi la testa o altre parti del corpo e muoviti a velocità più o meno umana, ma per il resto non ti risparmiare. Chiaro?”
Il boato del pubblicò aumentò a dismisura, diventando quasi assordante. Jessica ingoiò il resto del Red Russian con un’unica, lunga sorsata e balzò in piedi, allungando il collo per vedere meglio oltre la massa oscillante di teste umane e vampire. Riuscì a scorgere la sagoma di Raistan, nudo dalla cintola in su e con i lunghi capelli sciolti sulla schiena, e quella, gigantesca e rocciosa, di Jasper il buttafuori, quel tipo grosso e un po’ lento di comprendonio che somigliava a La Cosa. Si stavano studiando a vicenda, girando in cerchio come due grossi felini allo zoo.
Poi Raistan si lanciò su La Cosa, e Jessica fu quasi assordata dal boato della folla.
Mille luci esplosero nel campo visivo di Raistan, quando Jasper reagì al suo attacco spedendolo con un manrovescio d’acciaio a sbattere contro l’inferriata opposta della gabbia. Mille lucine e poi il buio, mentre il gridare e il vociare del pubblico si ridusse a un’eco indistinta di suoni ovattati, come se l’aria si fosse trasformata improvvisamente in acque dense e profonde. Durò solo qualche secondo, per fortuna; poi la vista e l’udito tornarono normali, e nel campo visivo di Raistan riapparve Jasper, nell’angolo più lontano della gabbia, intento a farsi scrocchiare le nocche con aria stolida.
Raistan rise e si asciugò il rivolo di sangue che gli colava dal labbro inferiore.
Il volto di Elisabeth Van Hoeck era sparito. Così come erano spariti gli occhi tristi di Alice, occhi grandi e spaventati che sembravano chiedergli “perché proprio la mia bambina? Perché hai dovuto prendere lei?”
Si rialzò, lentamente, lasciando che il pubblico assaporasse ogni suo movimento ed esplodesse in un nuovo, famelico coro da stadio. Jasper era enorme, più robusto e forte di lui sebbene meno antico; e per la sua stazza era pure straordinariamente veloce; ma… aveva un punto debole. Non riusciva a prevedere le mosse imprevedibili.
Con un cenno dell’indice gli fece cenno di avvicinarsi. Jasper, dapprima incerto, si decise e si lanciò all’attacco, in una corsa un po’ goffa e sgraziata a velocità umana; Raistan rimase immobile… immobile, finché il bestione non fu a pochi centimetri di distanza. E poi balzò in alto, con uno scatto che di umano non aveva assolutamente nulla. Sparì completamente dal campo visivo di Jasper, mentre il pubblico rumoreggiava interdetto, incerto su cosa avesse appena visto; lo stesso Jasper iniziò a guardarsi intorno, preso in contropiede. E poi Raistan piombò sul suo collo.
Jessica avanzava verso la folla, distribuendo qualche gomitata a destra e a sinistra per farsi largo. Doveva vedere. Doveva vedere cosa stava succedendo nella gabbia. Soffocata dal caldo, si sfilò l’elastico dai capelli, lasciandoli ricadere sciolti sulle spalle; una mano le palpò il didietro. “Ehi, tesoro, me lo fai vedere se sei rossa da tutte le parti?” La voce, umana e accompagnata da una zaffata di birra e fumo di sigaretta, le arrivò nell’orecchio destro. Spinse via il maldestro aspirante fangbanger con un moto di disgusto e si addentrò ancora più a fondo tra la folla, spingendo e quasi nuotando finché il campo visivo non le si spalancò davanti agli occhi rivelando un Raistan dal petto inondato di sangue che tempestava di pugni La Cosa, apparentemente esanime. Quest’ultimo, però, proprio in quell’istante sfuggì alla presa e ribaltò la situazione con un calcio improvviso che quasi spezzò le ginocchia di Raistan, facendolo crollare a terra con un tonfo sordo. Ma il padrone del Cages si rimise in piedi nel giro di un istante. I due presero a fronteggiarsi di nuovo, girando in cerchio e guardandosi in cagnesco, e Jessica si sentì invadere dalla voglia di sangue. Non sangue da bere; non solo, almeno. Sangue da versare, combattendo; quella scarica di adrenalina purissima che in vita sua aveva sentito forte e chiaro poche volte… quando erano arrivati i lupi mannari di Russell Edgington… O la notte stessa che era stata rapita e trasformata.
Bloed! Bloed!, urlava la folla. In mezzo ad essa, un ragazzo sui diciannove anni con un piercing al sopracciglio sentì un clangore metallico sopra la sua testa e strabuzzò gli occhi nel vedere una splendida ragazza dai capelli rossi, fasciata in pantaloni di pelle nera e T-Shirt dei Mötley Crue, arrampicarsi come un ragno sulle inferriate della gabbia, con un’agilità che non aveva mai visto in nessuna persona umana, e rimanere appesa sul punto più alto.
“Bloed!” gridò Jessica, imitando il ruggito del pubblico. Non era poi tanto diverso dall’inglese, in fondo. “Bloed! Bloed! Bloed! Bloed!”
Non si sentiva così viva da mesi.
“Oh, cazzo” – commentò Pam asciutta. Afferrò il cellulare e digitò a velocità supersonica un sms destinato a varcare l’oceano Atlantico. Eric? Mi sa proprio che quella deficiente di Jessica si è presa una sbandata per l’Olandese. Dovresti vederla, si è appesa come una scimmia alla gabbia in cui Raistan le sta prendendo di santa ragione. Uno spettacolo imbarazzante. Se riesco ti mando un video.
“Tara! Va’ a recuperare quell’idiota. Subito”.
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Mabel (venerdì, 15 febbraio 2013 11:50)
Più che una cotta per l'olandese mi sembra che Jessica sia ipnotizzata dalla violenza e, plausibilmente, dal sangue: se decidesse si far passare Tara attraverso la gabbia senza aprirla potrei ritrovarmi anche io ipnotizzata dalla violenza e dal sangue. Le storie che riguardano i legami umani, vampiri e le trasformazioni credo che rappresenteranno sempre, per Raistan, un nervo scoperto. C'è qualcosa di profondamente tragico nel percepire il rimpianto per uan condizione inferiore come quella umana, come se una dimensione fondamentale dell'esistenza la si eprcepisse come persa. E' un tormento sottile, ai più incomprensibile e che, diciamocela pure, in Raistan risulta drammatico, in Bill suona come il lamento di un vigliacco che cerca un alibi per tutto quello che non va.
Aria (venerdì, 15 febbraio 2013 12:22)
Mi chiedevo quanto sarebbe durata la calma: decisamente Raistan non è fatto per starsene assiso composto sul trono gotico, vampire in visita o meno.
Mi chiedevo anche in quanto tempo Jessica sarebbe riuscita a coprirsi di ridicolo.
Poverina, in un certo senso è da capire: repressa in vita e poi anche dopo da quella sciagura del suo creatore.
Ma, almeno, non le si potrà rinfacciare di avere attirato troppa attenzione su di sè arrampicandosi come una scimmia alla gabbia, dato che Raistan ha dato lui il via, dimenticandosi della discrezione.
C'è da dire che ha da sempre un metodo molto personale per esorcizzare ricordi, rimorsi e rimpianti, eh.
Non che sia efficace, ma di sicuro è altamente distraente, finché dura.
raistanvanhoeck (venerdì, 15 febbraio 2013 12:33)
C'è da dire che nel Cages la discrezione è un'optional, nonostante nel mondo di RVH i vampiri debbano mantenere l'anonimato ed evitare di esporre la propria diversità.
Raistan non lo ammetterebbe mai, ma la storia di Jessica gli ha risvegliato ricordi che preferirebbe lasciare sepolti, nonché paure inconsce come quella che riguarda la piccola Ellie (capirete tutto quando andrete avanti nella lettura dei successivi volumi di RVH). In realtà il suo non è tanto un rimpianto generico dell'umanità quanto il rimpianto dei legami affettivi che l'umanità rendeva possibili: una madre, una famiglia. Raistan ha sempre avuto una profonda paura di rimanere da solo, una paura fondata, del resto, perché i legami che si instaurano tra vampiri, come quello con la sua Creatrice, sono molto sui generis, alternando momenti di intimità assoluta a lunghi periodi, anche interi decenni, di silenzio e distanza.
Quanto a Jess, ha ragione Mabel nel dire che è attratta principalmente dal sangue e dalla violenza, da quella parte bestiale che è in lei e che Raistan rende possibile far sì che venga finalmente espressa. Però un pochino ha anche una cotta per l'Olandese, come vedremo in seguito.
E sempre a proposito di Jessica c'è da chiedersi se, ora come ora, non ricordi soltanto i lati positivi della sua famiglia umana (che invece, come sappiamo, era in stile Mulino Bianco solo apparentemente)... quando si perde per sempre qualcosa si tende a idealizzarla, ricordandone solo le cose buone e mai le cattive...
=CLAUDIA=
LuciaG (venerdì, 15 febbraio 2013 12:54)
BravaClaudia, hai detto proprio quello che volevo dire io. Sulla vicenda con Ellie però vorrei aggiungere che qui è il suo innato pessimismo a prendere il sopravvento: in fondo ha promesso a se stesso che... ma qui si spoilera alla grande il secondo libro, mi sa che dovrò farvi attendere fino ad allora per scoprire quale promessa si sia fatto. Claudia, Mabel e Aria però sanno di cosa sto parlando, siete d'accordo?
@Mabel, metti in dubbio il fascino dell'Olandese? Ma insomma! Jess sarà anche attratta dal sangue e dalla violenza, ma se questa violenza fosse impersonata da un botolo nero e peloso dubito che si sarebbe fatta prendere tanto. E poi... vedrai.
@Aria: forse non è ancora stato detto, ma quando nel locale succedono cose troppo strane, gli umani vengono glamourizzati prima di potersene andare. Ci sono due vampiri alla porta, ad occuparsene. Purtroppo a differenza di quanto succede da Eric, qui la Vampirofania non è ancora avvenuta e tutti si devono adeguare. Sono però convinta che l'atmosfera al Cages, con Raistan ad emanare la sua aura inquietante, sia veramente molto particolare, e soprattutto unica, rispetto a tutti gli altri locali di Amsterdam. Forse è proprio questo che attrae tanto un certo tipo di... clientela, non certo vecchiette per il thè.
@Lucia (venerdì, 15 febbraio 2013 12:59)
Non dico che non sia attratta dall'olandese, ma nella reazione descritta non mi sembrava avesse come focus Raistan, quanto più il sangue e la lotta. Nessun dubbio sul fascino di Raistan e nessun dubbio che avrà anche reazioni più mirate a concupirlo ;)
Mabel (venerdì, 15 febbraio 2013 13:00)
Scusate ho messo @Lucia al posto del nome :P