Lucia Guglielminetti's books on Goodreads
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Ascesa alle Tenebre Ascesa alle Tenebre (RVH, #1)
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Death meets a girls - Parte seconda

 

 

 

Mille specchi le rispedivano indietro l’immagine di se stessa; schiacciata; allungata; allargata come una bambola di gomma mezza disciolta. La sua faccia sembrava contorcersi e deformarsi in una maschera orribile, come nel quadro di quel pittore famoso, Munch. Strinse le nocche attorno all’elsa fino a farle diventare bianche; il peso di Needle nella mano la confortava, la faceva sentire più sicura. E’ di ottimo acciaio, non di latta come le spade da bambini, le aveva assicurato suo fratello.

Ed era vero. Quando lei aveva avuto bisogno di Needle, Needle l’aveva protetta. Needle l’aveva difesa.

 

Non come le persone. Non come lo stupido Dio dalle Molte Facce. Stupido lui, e stupida io che credevo che mi avrebbe aiutato! La morte non aiuta le persone. La morte uccide e basta.

 

Continuò a vagare nel labirinto di specchi, senza uno scopo preciso. Era stanca di nascondersi e di fuggire; era stanca di vedere i suoi amici cadere intorno a lei come foglie. Era stanca di addormentarsi ogni notte con il terrore di cosa avrebbero visto i suoi occhi il giorno seguente. I suoi incubi erano terribili – la testa di suo padre, che rotolava; la testa di suo fratello… e quella di Vento Grigio, il bel pelo rovinato dal sangue e dal peso della corona; le urla e le risate sguaiate; sua madre – eppure, non così terribili quanto la prospettiva di doversi svegliare l’indomani e ricominciare a nascondersi come un topo.

Non era un topo, lei.

Era un lupo!

 

Un ringhio rauco, feroce, la fece trasalire. Nymeria?

No.

Erano le ragazze.

Le ragazze di Ramsay Bolton.

Comparve un rottweiler, ringhiante e grondante bava, e la sua immagine in un attimo si sdoppiò per poi moltiplicarsi all’infinito, di specchio in specchio. Cat balzò nella direzione opposta – o almeno, in quella che credeva fosse la direzione opposta: era circondata da una fantasmagoria di cani feroci e deformi e ovunque si voltasse se ne trovava di fronte uno o dieci. Quali erano veri? Quali erano riflessi?

 

 

i cani mangiano i gatti i cani mangiano i gatti i cani mangiano i gatti i lupi mangiano i cani

devo trovare l’uscita

                         l’uscita

 

 

*

*

*

 

 

 

Ma dove diavolo è finita, quella stupida? Non si può nemmeno andare a caccia in pace che succede qualche casino! Per chi mi ha preso? Il buon samaritano? Se crede che sprecherò tutta la notte per pararle il culo si sbaglia di grosso. Io me ne vado, e chi s'è visto, s'è visto.

Oh, eccola là, bene. L'avrebbe trascinata via dal quel posto di merda e se ne sarebbe tornato alle sue tranquille occupazioni. La cena se l'era procurata, adesso non sarebbe stato male farsi una bella scopata e una canna, ma prima...

-        Ehi, ragazzina, hai già perso il coraggio? Adesso ce ne andiamo da qui e tu non dirai un parola, o giuro che ti squarcio la gola. Io compirò la mia buona azione, mettendoti al sicuro, e tu te ne tornerai a... insomma, in quel posto da cui provieni. Dai, muoviti.

Mentre parlava, il vampiro si rese conto che c'era qualcosa di strano nella postura della piccola figura, voltata di schiena. La testa, incappucciata, era troppo grande rispetto al corpo, mentre le gambe erano più corte del normale. Volle ignorare, tuttavia, quello che gli occhi gli suggerivano e la spiacevole sensazione che gli stava risalendo lungo la gola e appoggiò una mano sulla spalla della figura davanti a lui.

-        Sei anche diventata sorda? Andiamo.

Ottenne in risposta una risata stridula, e fece un deciso passo indietro. Anzi, più di uno, incapace di distogliere lo sguardo dal viso della creatura che si era girata. La faccia impressa sulla moneta. Lo stesso ghigno e niente occhi, anche se lo stava guardando ugualmente. Non sapeva come fosse possibile, ma era così. La testa glabra, dalla fronte innaturalmente bombata. Sbagliata. Sbagliata. Tutta sbagliata. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma l'essere lo anticipò e cominciò a recitare una bizzarra filastrocca che gli fece rizzare i capelli sulla nuca. La cosa brutta, ma veramente brutta, oh ragazzi, era il suo avanzare strascicato e ondeggiante, qualcosa che trasmetteva al vampiro una tale repulsione da costringerlo a indietreggiare, con gli occhi che gli si facevano sempre più grandi e un lamento affacciato appena al di là delle labbra.

 

C'era una volta un bel vampiro

che se ne andava sempre in giro.

La ragazza non aiutò,

Ramsay Bolton lo trovò.

Lo trovò, e come urlava,

il vampiro che non aiutava.

Alla croce lo legò

e la pelle gli strappò.

Triste fine per il vampiro

che se ne andava troppo in giro.

La bambina non volle aiutare,

dritto all'inferno andò a sprofondare.

 

Scappò. O almeno cercò di farlo, attraversando come una ventata i viali deserti, ingombri di sporcizia e di foglie secche, con le ombre dense delle attrazioni abbandonate che incombevano su di lui, scosso come non gli succedeva da secoli, sull'orlo del panico vero e proprio. E ovunque si voltasse, ovunque guardasse, gli sembrava di scorgere la figura grottesca che lo guardava e rideva di lui. Era nelle cavità vuote di ogni stand, nelle cabine della ruota panoramica, nelle finestre della casa stregata.

 

Alla croce lo legò e la pelle gli strappò.

 

Quello no. Quello proprio no. Raggiunse l'entrata del luna park senza nemmeno sapere come ci era arrivato, ma quando stava per varcarla si trovò di nuovo la creatura davanti. Reggeva un coltello lungo e affilato, e rideva, rideva, rideva.

 

Strada sbagliata, gola tagliata.

 

- Vattene via! Lasciami passare! - urlò il vampiro, e si slanciò verso il suo persecutore, le labbra contratte in un ringhio feroce; quando allungò le mani per abbrancarlo e cancellare per sempre da quel simulacro di viso il sorriso beffardo, quello scomparve per riapparire un po' più in là, esattamente come aveva fatto lui con la ragazzina, qualche ora prima. Sentì un calore terribile nella parte alta della coscia, in un punto molto localizzato, e cacciò una mano in tasca, incappando nella moneta misteriosa. Ignorando il bruciore alle dita, la estrasse e la lanciò lontano con un grido, mentre mani forti lo afferravano alle spalle, per la parte bassa del cappotto, facendolo voltare di scatto con un altro urlo strozzato.

 

A Dreamland un prezzo bisogna pagare,

la bimba è presa, non farla aspettare.

Cani feroci che lui chiama ragazze

strappano carni, sembrano pazze.

Risolvi il mistero, spezza l'incanto,

o alla tua morte non mancherà tanto.

La Casa Stregata devi cercare,

meglio nascondersi, prima di entrare.

Della moneta non puoi liberarti.

Il Dio ti ha scelto, non devi salvarti.

Tempo di andare, tempo di agire,

precedi la notte che sta per finire.

Sorge ora il Lupo, ma dev'esser guidato,

Bolton il Turpe vedremo sbranato.

 

- Basta! Ci vado, va bene, ci vado, ma lasciami in pace! - urlò l'uomo, rivolto al mostriciattolo che gli stava davanti... o forse dietro... o alla sua destra... o magari alla sua sinistra... Era sul punto di perdere i sensi per il disorientamento e le vertigini, unite al terrore, ma poi capì di essere solo, anche se era certo che il coso sarebbe riapparso, se avesse letto in lui l'intenzione di andarsene. Prima però doveva calmarsi e tornare a concentrarsi sulle sensazioni provenienti da Cat.

Se la filastrocca diceva il vero, era già stata catturata, non c'era tempo da perdere. Si accese una sigaretta con le mani che tremavano, e quando infilò la mano in tasca per riporre pacchetto e accendino, sentì un piccolo oggetto metallico sotto le dita. Gelido, questa volta. Senza nemmeno tirarla fuori, seppe che la moneta era tornata, e che non lo avrebbe abbandonato fino alla fine, qualunque essa fosse.

Valar Morghulis.

Tutti gli uomini devono morire.

Sperava che non valesse anche per i vampiri.

Urtò col piede qualcosa di metallico, e si accorse che era il coltello dell'aspirante poeta. Lo raccolse e si mise alla ricerca della Casa Stregata, sfruttando le pozze di ombra per nascondervisi.

 

- Capo, ci sono movimenti strani, là fuori. C'era qualcosa che correva a una velocità incredibile, non sono riuscito a vederlo bene, ma è passato proprio qui davanti. Cosa dobbiamo fare?

- Non so, potreste farvi un drink e un tuffo in piscina... trovatelo, no? Io sono impegnato, come puoi ben vedere. Hai portato qualcuno con te, bella bambina?

Cat, legata a una sedia, tentava di dominare la paura celandola dietro un atteggiamento sprezzante. Se le avesse permesso di prendere il sopravvento si sarebbe messa a urlare e non avrebbe più smesso. Aveva già commesso fin troppi errori. Come aveva potuto essere così stupida? Avrebbe dovuto immaginare che i Bolton si portavano dietro tutta una ciurma di disgraziati, oltre alle loro cagne. E adesso era caduta anche lei nelle loro mani, e l'avrebbero torturata per giorni solo per togliersi il gusto di farlo. Vedeva la X di legno, addossata a una parete. Sentiva l'odore di sangue nell'aria stantia. Le pareva quasi di poter percepire le urla di quelli che l'avevano preceduta, e che erano morti supplicando e annegando nel proprio sangue. Fu strappata alle proprie riflessioni da un manrovescio di Ramsay, che le fece salire le lacrime agli occhi.

 

- Ti ho fatto una domanda, puttanella. Hai portato qualcuno con te?

- No, nessuno. Ma tanto non mi crederai, qualunque cosa io dica.

- È vero, sono un tipo piuttosto diffidente. Voi, trovate il corridore. E tu... tu... io e te faremo un gioco, adesso. Un bel gioco. E tu mi dirai tutto quello che voglio sapere. Anzi, me lo canterai. Sai cantare, ragazzina?

- No... io... no. E non ne ho nessuna voglia.

- Vedremo di darti un bell'incoraggiamento. Andate, voi, che fate lì impalati? E non tornate a mani vuote. Le mie ragazze hanno fame, e non sarà questo mucchietto d'ossa a saziarle.

Ramsay Bolton ridacchiò, poi accarezzò con un dito il viso di Cat, che si scostò con disgusto.

- Allora, ricominciamo. Tre dei miei sono stati uccisi, stanotte, e io so che la colpa è tua. Le notizie viaggiano veloci, ragazzina. So che sei la responsabile diretta della morte di uno di loro, ma gli altri due... voglio sapere chi è stato, cosa ci faceva lì con te, se può essere il tizio che scorrazza là fuori e soprattutto... voglio sapere se tu sei la famosa Arya Stark.

Ramsay Bolton estrasse un coltello dalla lama arcuata e sorrise in modo raccapricciante. Cat incominciò a strillare.

 

 

*

*

*

 

Il vampiro si stava nascondendo. Loro. Loro erano dappertutto. Li aveva sentiti per la prima volta diversi minuti prima, mentre stava cercando la Casa Stregata in quel labirinto di vialetti. Forse ci era passato davanti mentre cercava di sfuggire all'orrendo mostriciattolo cantastorie, ma era troppo scombussolato, in quel momento, per fare caso al proprio percorso. Brutto bastardo. Se gli fosse capitato di nuovo davanti gli avrebbe fatto ingoiare tutti i denti. Non aveva occhi e nemmeno il naso, ma quelli li aveva, ed erano lunghi e affilati, li aveva visti bene, dal momento che non aveva fatto altro che ghignargli in faccia. Adesso era acquattato nell'ombra del bugigattolo del tiro a segno, e aspettava soltanto che qualcuno si facesse vivo. Sarebbero stati loro a condurlo alla loro tana, e lui avrebbe risparmiato un sacco di tempo. Mancavano poche ore all'alba, e la cosa lo preoccupava. Il collegamento mentale con la ragazzina si era interrotto una decina di minuti prima, lasciandolo disorientato. Che cosa poteva significare? Stava ancora rimuginando su questo inquietante interrogativo, quando senti lo strillo. Acuto e pieno di terrore. Dimenticando ogni regola di prudenza, balzò in piedi e scavalcò con un movimento fluido il bancone, poi si mise a correre.

Grida, bambina, fatti sentire, fatti sentire!

 

Come in risposta al suo appello, un altro grido echeggiò nella notte e il vampiro si slanciò nella direzione da cui proveniva. Vide gli scagnozzi dei Bolton venire verso di lui, e invece di rallentare, aumentò la velocità, preparandosi allo scontro. Li investì sventagliando il coltello in modo apparentemente casuale, e le teste di due di loro rotolarono a terra in un'esplosione di sangue. Gli altri due si voltarono e tentarono di fuggire, ma li raggiunse in un istante e li abbrancò, uno per braccio. Il primo subì la stessa sorte dei compagni, mentre il secondo si trovò a fissare molto da vicino le sue zanne.

- Portami al buco dove vi nascondete. E se scoprirò che avete torto un capello alla ragazzina, vi farò rimpiangere di essere nati.

L'uomo incominciò a camminare, con il viso schizzato dal sangue dei compagni.

- I Bolton te la faranno pagare, amico. Molto, molto cara.

- Vedremo, sudicio ratto. Taci e continua a muoverti.

Il vampiro sentì un lieve rumore provenire dalle proprie spalle, e si voltò a velocità fulminea. Uno sparo risuonò nell'aria, e la testa del suo prigioniero scattò prima in avanti e poi indietro, disintegrata per metà. Il silenziò si infranse in una raffica di colpi e l'uomo in nero scattò in avanti, almeno fino a quando un dolore atroce non gli esplose nel polpaccio sinistro e gli fece perdere l'equilibrio. Imprecando, si voltò sulla schiena, e vide arrivare altri cinque uomini. Non sembravano avere fretta. Lui invece ne aveva parecchia, cazzo.

- Guarda guarda, Ramsay sarà soddisfatto. Le sue ragazze mangeranno per una settimana, con questo.

- Ma cos'è? Non è normale, guardagli i denti.

- E chissenefrega! Sanguina, è questa la cosa importante. Prendiamolo.

- Aspetta… prima voglio essere certo che non proverà a fare lo stronzo.

Un’altra raffica di colpi lo investì, questa volta in pieno torace.

- Ma che fai? Così lo ammazzi! Lord Bolton ha detto che lo vuole vivo!

- Sta’ zitto, figlio di una baldracca. Ho sentito parlare di queste bestie, i proiettili le indeboliscono ma non le uccidono. Muoviamoci.

Lo abbrancarono per le braccia e lo rimisero in piedi, ignorando i suoi lamenti. Il vampiro non oppose resistenza. Entro pochi minuti le ferite sarebbero guarite, e gli avrebbero fatto il favore di portarlo dal loro capo senza ulteriori rotture di palle. E allora ci sarebbe stato da divertirsi. Avrebbero reso onore agli dei nuovi. E anche a quelli vecchi. E lo avrebbero fatto col proprio sangue.

 

 

 

*

*

*

 

La ragazzina era lì, incatenata a una sedia come lui, la parte inferiore del volto coperta da un grosso bavaglio sopra al quale spuntavano due occhi enormi e spaventati. Un rivoletto di sangue le colava giù per il mento.

- Stai bene? - le domandò a bassa voce.

Lei annuì freneticamente e mugolò qualcosa di incomprensibile attraverso il bavaglio.

- Non ti capisco. Non riesco a capirti. Ascolta… se vuoi dirmi qualcosa, pensalo. Pensalo e basta e… io ti capirò.

 

ti prego ti prego signor dio dalle molte facce per favore uccidili tutti uccidili uccidili ci faranno del male ci strapperanno la pelle e gli occhi e le unghie ti prego uccidili

uccidili

 

Raistan distolse lo sguardo; la gola gli si era seccata all’improvviso. Le ondate di paura e odio che provenivano dalla ragazzina erano tali da farlo sentire a un passo dal baratro. Ancora un po’ in quelle condizioni e ogni parvenza di umanità e raziocinio lo avrebbe abbandonato, e allora si sarebbe trasformato in un animale in trappola, pronto a graffiare e mordere e dilaniare pur di liberarsi dalla rete. Si guardò attorno, le pupille da rettile dilatate al massimo per penetrare l’oscurità. Due enormi assi di legno incrociate a X campeggiavano nella stanza illuminata da una debole, sinistra luce verdastra. Per terra correva una piccola rotaia arrugginita; tutt’intorno, teste mozzate, asce insanguinate avviluppate in ragnatele spesse come veli da sposa, feti deformi chiusi in barattoli e immersi in bizzarri liquidi fluorescenti, corpi mummificati penzolanti dal soffitto e, più avanti, nientemeno che una ghigliottina, con la lama orizzontale minacciosamente sospesa a metà altezza.

Era tutto finto, ovviamente. Quella era la Casa degli Orrori, e tutte quelle schifezze di cattivo gusto, quando Dreamland era ancora attivo, erano servite a far pisciare nelle mutande mocciosi accompagnati dalle mamme e a dare ai loro fratelli quindicenni il pretesto ideale per abbrancare come polipi le loro compagne di scuola carine.

Tutto finto, tutto di plastica e di gomma… tranne la X di legno.

Il vampiro non aveva bisogno di avvicinarsi per verificarlo, era stato in troppe camere di tortura per non riconoscere la differenza tra i giocattoli e la realtà. La croce era macchiata di sangue rappreso e alle estremità erano fissate delle cinghie di cuoio, da ciascuna delle quali pendeva una manetta di solido ferro punteggiato di ruggine. Non era molto difficile immaginare a cosa servissero. Sul tavolo adiacente c’erano appoggiati diversi tipi di coltelli e rasoi, alcune pinze e delle strane tenaglie. La Casa dell’Uomo Scuoiato, rifletté.

 

 

Ting. Un altro proiettile era appena caduto a terra, espulso dal suo corpo che lavorava alacremente per rigenerarsi.

Non abbastanza in fretta.

Improvvisi rumori lo fecero trasalire.Ansimare e guaire alle sue spalle,

(cani feroci che lui chiama ragazze strappano carni sembrano pazze)

poi, una risatina fredda e viscida.

Cat, al suo fianco, rabbrividì. Un giovane emerse dalle tenebre e, ridacchiando, lo superò per andare a sistemarsi su quella che sembrava una scadente imitazione di una sedia elettrica, proprio di fronte a lui. Lo osservò incrociare le gambe e le dita, mentre le sue labbra carnose e lucide come quelle di una puttana si incurvavano in un sorriso. Aveva il viso tondo, glabro, vagamente androgino; i capelli lisci e lunghi fino alle spalle, corvini e unti. Gli occhi erano di un celeste pallido, lo stesso colore del ghiaccio sporco e semidisciolto. La pupilla era rotonda come quella di un qualsiasi umano, eppure c’era qualcosa, in quello sguardo, che avrebbe fatto venire la pelle d’oca a un morto.

Senza alcun preavviso, l’individuo scoppiò in una risata cristallina che suonava sinceramente divertita.

 

(la ragazza non aiutò, Ramsay Bolton lo trovò.

Lo trovò, e come   u  r  l  a  v  a, il vampiro che non aiutava)

 

- La cagna e il vampiro! Siete proprio una bella coppia! Posso tenerli, papi?

Alle loro spalle qualcosa di mosse.

- Non chiamarmi papi - disse un’altra voce, in un sussurro appena udibile.

Lord Bolton comparve nel debole cono di luce verdastra spruzzato di pulviscolo fluttuante. Aveva gli stessi occhi color ghiaccio del figlio. Per il resto, il suo aspetto era del tutto ordinario. Capelli corti, viso sbarbato, altezza e corporatura nella media; naso regolare, labbra prive della grottesca carnosità di quelle del figlio; le rughe di espressione erano quelle tipiche di un uomo che si avvicinava alla cinquantina, ma si teneva in forma.

- Dobbiamo parlare, mister Van Hoeck.

- Sapete chi sono? – disse il vampiro, con voce rauca. Bolton annuì, flemmatico e indifferente.

- L’inverno sta arrivando, e con esso le creature della notte. – La sua voce era un bisbiglio flebile, un tono più adatto a una preghiera o alle promesse di un amante che a una minaccia; eppure… - Ci siamo fatti cogliere di sorpresa dal ritorno dei metalupi, ma non faremo due volte lo stesso errore. I Bolton esistono su questo lato della terra da molto… - si avvicinò a Raistan per fissare lo sguardo nel suo - molto tempo.

Raistan non si fece sfuggire l’occasione e provò immediatamente a lanciare un glamour potente.

Ma le pupille di Bolton non si fecero vacue come avrebbero dovuto. Non sembrarono reagire affatto.

O quest’uomo ha la più grande forza di volontà che abbia mai pervaso un corpo mortale, o è… completamente privo di anima.

Ting.

Ting.

Altri due proiettili.

- Perché la ragazzina? Che cosa vi ha fatto?

Temporeggia. Farlo parlare.

- Ha ucciso uno dei nostri – rispose con calma glaciale lord Bolton.

- Stronzate. La stavate cercando da prima. Che cosa volete da lei? È soltanto una mocciosa inerme!

- È una Stark. E, vede, mister Van Hoeck, gli Stark hanno questa brutta abitudine di… rispuntare fuori, anche quando credi di aver risolto il problema una volta per tutte. Il punto è che noi abbiamo già una Arya Stark. Attualmente è la moglie di Ramsay, ed è esattamente ciò che ci assicura il controllo sul Nord. Ma se all’improvviso spuntasse fuori un’altra Arya Stark… una con gli occhi grigi e il muso lungo proprio come il vecchio Eddard… ecco, alla brava gente del Nord inizierebbero a venire dei dubbi. Potrebbero addirittura pensare che… li abbiamo raggirati. Noi, i Bolton di Forte Terrore. Figuriamoci. C’è più nord nelle nostre ossa che in quelle degli Stark. Eppure, per qualche motivo, la brava gente del Nord continua a non fidarsi di noi. Se questa bambina… come lei la chiama… se questa bambina decidesse di ricomparire nel posto e nel momento sbagliato, sì… sarebbe un problema.

 

Raistan testò le catene con cautela, saggiandone la resistenza. Durante la sparatoria di prima, i proiettili l’avevano crivellato, riducendo il suo torace a un colabrodo. Le forze gli stavano progressivamente tornando, ma non abbastanza in fretta: un combattimento era fuori discussione. C’erano probabilmente decine di uomini di Bolton appostati nella penombra di quella stramaledettissima casa degli orrori, per non parlare delle ragazze. Forse, però, sarebbe riuscito a liberarsi e a usare la sua velocità di vampiro per tagliare la corda. Magari avrebbe potuto rifugiarsi in un posto sicuro, aspettare di aver ripreso completamente le forze, e poi – Ting - tornare a riprendere la bambina. Ting. Portandosi un po’ di rinforzi. Perché no?

Ting.

Lanciò uno sguardo a Cat… Arya. Non piangeva, ma i suoi occhi erano due pozze grigie in cui sembravano specchiarsi tutti gli orrori del mondo. L’ombra proiettata dalla sua figura minuta contro la parete sembrò vibrare, contrarsi ed espandersi, finché non assunse la forma di un volto dal sorriso vuoto e sinistro.

 

(la bambina non volle aiutare, dritto all'inferno andò a sprofondare)

 

Aveva forse altra scelta?

 

Raccolse tutte le forze che aveva e le condensò in un unico, fulmineo movimento che mandò letteralmente in frantumi le catene, poi si avventò contro Ramsay Bolton.

Fu allora che sentì il click di una balestra e, subito dopo, un dolore fortissimo trapassargli la schiena. Fece appena in tempo ad abbassare lo sguardo per notare che era comparsa una punta di solido legno nel centro del suo petto; poi le tenebre calarono sulle sue palpebre, e lo portarono via dal mondo.

 

 

 

 

 

Se sono morto, perché fa così male?

 

 

 

 

 

Furono i gemiti disperati della bambina a riportarlo in superficie. Ma nell’istante stesso in cui riprese coscienza del suo corpo, si pentì di averlo fatto.

Il paletto doveva aver mancato il cuore di qualche millimetro; Raistan desiderò che avesse fatto centro. Cento, mille volte meglio una morte secca e pulita che quella straziante agonia. Il dolore era indicibile: era come se ogni sua cellula, ogni suo nervo, dalla punta delle dita fino al cervello, fosse dilaniato e scorticato. Ripensò a quello che aveva provato durante la sua precedente crocifissione… quando era stato esposto al sole per sette giorni di seguito… e rimpianse quelle sensazioni. A fatica aprì le palpebre, e la prima cosa che riuscì a distinguere nel buio fu Arya, ancora legata alla sedia ma libera del bavaglio, che urlava e piangeva e supplicava e sussultava e continuava a guardarlo.

Poi si accorse di quello che gli stavano facendo alle dita.

Vide il lembo di pelle che penzolava dall’indice, simile alla buccia sottile di un acino d’uva.

Vide la carne che c’era sotto.

E urlò.

 

Nella sua testa, la sua voce e quella della ragazzina si mescolavano, fondendosi in un unico concerto di urla.

 

- Basta!! Basta, smettetela! – era lei – Basta! Vi prego…

 

Poi, solo pianti e suppliche alternate a strilli furiosi e una serie di imprecazioni che una bambina di quell’età non avrebbe neanche dovuto conoscere.

 

 

(tempo di andare, tempo di agire, precedi la notte che sta per finire)

 

Agire… agire un cazzo… che diavolo mi hanno fatto? Devono avermi ini-iniettato qualcosa, non c’è altra spiegazione…

 

Chiuse gli occhi e nell’interno delle palpebre esplosero luci e sagome fluttuanti, l’agonia che prendeva forme impreviste. Quando li riaprì, era tutto fuori fuoco. Dal caos emerse un’ombra simile a un buco nero, che si addensò pulsando su se stessa, trasformandosi infine – di nuovo – nel demone privo di volto. Solo che stavolta le sue fattezze continuarono a farsi più precise e definite… quasi familiari…

Greylord?

Il vecchio licantropo ghignò con il sorriso del demone. Era lui, ma non era lui; questo Raistan lo sapeva. Eppure…

La figura, in piedi dinanzi a lui, sollevò il dito indice e se lo portò alle labbra, senza smettere di sorridere. Poi, con lo stesso dito, indicò la ragazzina e si dissolse, ricomponendosi stavolta nella sagoma di un enorme lupo nero.

 

 

(sorge ora il Lupo, ma dev'esser guidato)

 

Osservò il lupo fatto di ombre digrignare le zanne e sparire nelle tenebre della stanza.

Sì, ho capito.

 

Chiuse di nuovo gli occhi e si concentrò sulla ragazzina. Frugò senza ritegno nella sua mente, alla ricerca di volti, immagini, abbracci, cicatrici. Trovò tutto quello che gli serviva.

- Arya Stark! Ricordati chi sei! Oppure vuoi vedermi morire come tuo padre? Vuoi vedermi sgozzato come un animale come è successo a tua madre?

 

Sentì la ragazzina sussultare e smettere di colpo di piangere.

- Aggrappati, ragazzina… aggrappati al dolore, aggrappati alla rabbia… sono quelle le tue armi… combatti!

I cani abbaiavano, ringhiavano, esaltati dall’odore del sangue. Uno di essi emise un guaito impaziente, cui seguì la risatina nervosa di Ramsay.

- Che cosa sta blaterando il succhiasangue, papi? Perché non supplica come tutti gli altri? Non mi sto divertendo!

 

Tra poco ti divertirai ancora di meno, stupido verme. Oh, sì.

 

Raistan si aggrappò con tutte le sue forze alla mente della ragazzina… e finalmente vi trovò il Lupo.

 

(Bolton il Turpe vedremo sbranato)

 

Gli occhi di Arya Stark ruotarono all’improvviso all’indietro, lasciando visibili solo le sclere bianche. Fu allora che i cani, tutti i cani, contemporaneamente, smisero di abbaiare e iniziarono ad avanzare.

Un ringhio basso, sotterraneo, iniziò a diffondersi nella stanza simile al respiro di un drago.

Dai quattro angoli della stanza, le ragazze presero ad avanzare, zampa dopo zampa, come un solo animale, sempre più vicine, sempre ringhiando, gli occhi improvvisamente vuoti e bianchi fissi su Bolton e il suo orribile figlio bastardo. Raistan iniziò a strattonare freneticamente i polsi per liberarli dai lacci di cuoio che lo tenevano inchiodato alla doppia asse di legno.

- Maledizione! Che diavolo… stupide luride sacche di pulci! Levatevi dal cazzo! – Ramsay imbracciò la balestra e fece partire un dardo che centrò una delle cagne proprio in mezzo agli occhi, uccidendola sul colpo.

Questo fece scatenare l’inferno.

Raistan riuscì a liberarsi appena un secondo prima che le undici bestie superstiti si avventassero sui due aguzzini. Con un balzo che gli costò tutte le poche forze che gli rimanevano, si slanciò verso la ragazzina in trance, la prese fra le braccia e corse via, mentre alle sue spalle infuriavano solo urla e ruggiti.

 

 

 

 

 

 

 

EPILOGO

 

 

 

 

 

 

-       Ehm... signore. Signor Dio... Van... qualcosa... puoi fermarti adesso. Siamo lontani. È finita. Fermati!

Cat prese il viso di Raistan tra le mani insanguinate, nel tentativo di portare la sua attenzione su di sé. Quello sguardo torvo, fisso sulla strada, la innervosiva. Sembrava perso in un'altra dimensione e forse era l'unico modo che aveva per sfuggire al dolore che lo tormentava. Dio, com'era fredda la sua pelle... Fu come se i suoi occhi si snebbiassero; il vampiro rallentò fino a fermarsi, poi guardò la ragazzina accucciata tra le sue braccia e la mise a terra senza una parola. Non le sfuggì il gesto di difesa con cui schiacciò la mano martoriata contro il petto. Non sanguinava più, ma non aveva lo stesso un bell'aspetto.

-        Ti fa ancora molto male? Mi dispiace... Eppure senza di te non ce l'avrei mai fatta. Hai mantenuto la promessa che mi avevi fatto, e te ne sono grata.

-     Io non ti ho fatto nessuna promessa, bambina. Continui a sbagliare... entità. Sono un vampiro e mi chiamo Raistan Van Hoeck, e devo ricordarmi di cambiare zona per cacciare.

-        Io sono Arya. Arya Stark, e me ne torno a casa. A nord. L'inverno sta arrivando, e non voglio che mi sorprenda per strada. Tu che cosa farai, adesso? Perchè non vieni con me?

-        Ti ringrazio, ma ho intenzione di vivere ancora per qualche secolo. Visto quello che mi è successo in poche ore da che ti conosco, è meglio che le nostre strade si dividano.

Raistan si accorse dello sguardo mortificato della bambina e provò una stilla di senso di colpa, ma era un sentimento molto insolito, per lui, e passò subito in secondo piano.

-        Hai ragione, fai bene. Io porto sfortuna.

-        Lo dicono anche dei gatti neri, eppure io li adoro. Non lasciare che siano gli altri a dirti come sei o come non sei. Decidilo da sola. Allora... buon viaggio, Arya Stark. Sei una bambina coraggiosa, e a questo puoi credere.

Il vampiro infilò la mano sana in tasca, e ne estrasse una manciata di banconote tutte spiegazzate, che allungò con gesto brusco alla ragazzina.

-        Tieni, prendili. Ti serviranno per il viaggio. E riprenditi questa, non ci tengo ad averla.

Le porse anche la moneta, sulla cui facciata il volto senza lineamenti era ora sorridente. O almeno quella era la sensazione che trasmetteva.

Arya indugiò per qualche istante, prese quello che Raistan le stava dando, poi fece scorrere la manica della felpa verso l'alto e allungò il braccio verso il vampiro.

-        Bevi, ti farà stare meglio. Nei film funziona così, almeno...

Raistan cercò di flettere le dita spellate, ma rinunciò con una smorfia di dolore.

-        Non mi nutro di mocciosi, ma ti ringrazio. Presto troverò un candidato più... adatto,  e guarirò.

-        Sei strano, vampiro.

-        Sei strana anche tu, Arya Stark. Fagliela vedere.

 

Raistan le rivolse un inchino formale, poi si voltò e sparì in pochi attimi. Solo in quel momento Arya si rese conto di essere nei pressi di una stazione di pulman, ancora deserta a quell'ora. Con un po' di fortuna ne avrebbe trovato uno diretto a Nord, e sarebbe tornata a casa. E niente e nessuno l'avrebbe mai più allontanata da essa.

 

 

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Commenti: 5
  • #1

    Aria (venerdì, 14 marzo 2014 17:38)

    Brrrrrrrr...
    Poesia, horror e finalmente giustizia.
    Cosa si può volere di più?
    Confermo quel che ho ho già detto la volta scorsa: siete state bravissime e mi avete ricordato molto King.
    Poi concordo con Raistan: non c'è niente di più repellente ed orribile di qualcosa che si muove come il "coso" strisciante che recita filastrocche.
    Grandi!

  • #2

    Claudia (venerdì, 14 marzo 2014 22:05)

    Grazie Aria!

    E hai proprio ragione... il COSO strisciante faceva molto Stephen King.

  • #3

    LuciaG (venerdì, 14 marzo 2014 22:32)

    Grazie mille Aria! Altro che scappare, io avrei cambiato continente!!

  • #4

    Iris (sabato, 15 marzo 2014 18:39)

    Arrivoooooo! Mamma mia che storia, ragazze! Mi è piaciuta da morire e ho quasi imparato a memoria le filastrocche a furia di rileggerle. Il coso era veramente repellente, ma non pensavo che ci fosse qualcosa capace di sconvolgere Raistan l'Imperturbabile a quel modo. Per me è stata repellente anche l'idea dello spellamento.
    E poi il finale... tutti avevamo creduto che sarebbe stato Raistan ad uccidere i Bolton, invece ancora una volta ci avete sorpreso. Bravissime!
    Adesso ci vorrebbe un bel disegno di Claudia con Raistan sul trono di spade, ma in tenuta medievale. Potrei svenire.
    A presto e grazie ancora per le belle emozioni che ci date.

  • #5

    missing sun (mercoledì, 19 novembre 2014 12:49)

    Stupendo momento dark!!! Davvero bravissime girls!!! Da brivido caldo le filastrocche e molto azzeccata Arya come comprimaria di torture di Raistan che stavolta non fa il Raistan e si lascia coinvolgere negli intrighi politici dei Sette Regni...Come sempre finisce con l`Olandese a un soffio dalla morte vera e soggiogato da sofferenze atroci... Finale al cardiopalma con il Lupo di Arya che spinge le bestie a quattro zampe a rivoltarsi contro i mostri-padroni su due zampe... Winter is coming...