Lucia Guglielminetti's books on Goodreads
Sette giorni per i lupi Sette giorni per i lupi (RVH, #2)
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Ascesa alle Tenebre Ascesa alle Tenebre (RVH, #1)
reviews: 2
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-12-


 

Raistan riaprì gli occhi, dopo che la coscienza lo aveva abbandonato per qualche istante troppo breve a causa del dolore atroce che gli aveva infiammato le labbra e la bocca intera. Cercò di mettere a fuoco l’ambiente che lo circondava, ma gli occhi faticavano a distinguere le forme, confuse l’una nell’altra in una nebbia di macchie grigie e nere. Tra esse, nessuna sembrava somigliare alla sagoma di Billith; e tuttavia alcune si muovevano, guizzando in ogni direzione come enormi pipistrelli senza forma. Potevano essere davvero pipistrelli? Ne dubitava. Il panico iniziò a pulsare in lui come uno sfarfallio di ali impazzite. Come avrebbe potuto gridare aiuto se la sua bocca… Cazzo, la sua bocca… La sua bocca! Si portò due dita tremanti alle labbra, per capire cosa gli avesse fatto quella creatura immonda… e, tastando con cautela, scoprì con orrore che il labbro superiore e quello inferiore erano sigillati, come se la pelle si fosse disciolta e poi cauterizzata assieme.

Era mostruoso.


Un bagliore sinistro, biancastro, elettrico, divampò all’improvviso per poi spegnersi e lasciare di nuovo il passo all’oscurità più completa. Strisciando sui gomiti, Raistan cercò di spostarsi, di scivolare il più possibile lontano da quel tunnel infernale; ma, prima che riuscisse ad avanzare di un metro, qualcosa di pesante gli piombò sulla schiena.

“Non ho ancora finito con te, mister Van Hoeck.”

 


-

 

“Eric? Eric?!” singhiozzò Sookie, agitandosi convulsamente sulla sedia nel tentativo di liberarsi dalle pesanti corde che la tenevano costretta. Da ormai molti minuti stava cercando, apparentemente senza alcun risultato, di usare i suoi poteri; ma le sue mani sembravano completamente svuotate e inermi. Maledisse a bassa voce se stessa e il suo gene di fata che saltava fuori solo quando gli pareva. “Pam? Pam, sei… okay?”

Un debole gemito provenne dal lettino alle sue spalle. “Mhhh… Mmmhhh…  Non… non riesco a… muovermi…” Era la voce di Pam.

“Come sta Eric? E’ vivo? Dimmelo!”

Pam, molto lentamente, ruotò la testa in direzione del lettino alla sua destra, su cui giaceva Eric, con le palpebre abbassate e la pelle ricoperta da un groviglio di rivoli di sangue ed escoriazioni non rimarginate. Era immobile come un simulacro di pietra, e ne aveva perfino lo stesso colore. “Non… non è ridotto in poltiglia… Sento che è vivo. O… o almeno non è… non è morto-morto”, rantolò. “Non mi sento le gambe… non mi sento… che diavolo ci ha fatto quel fottuto… quella fottuta Lilith… del cazzo!!

La voce di Pam si incrinò e ciò non sfuggì a Sookie, che si immobilizzò per un istante sulla sedia, per poi riprendere a dibattersi con rinnovato vigore, quasi con ferocia.

“Va tutto bene” disse, “va tutto bene, Pam. Ne usciremo, ma cerca di mantenere la calma.” Una risatina isterica le affiorò sulle labbra, e dovette mordersele per reprimerla. Lei, che cercava di infondere coraggio in Pam. Oh, sì, quella situazione stava velocemente degenerando nel grottesco, altroché! Ecco, almeno un lato positivo c’era: più avanti avrebbe potuto rinfacciarglielo fino alla morte. La morte. Un pensiero le balenò nella mente, gelido come una staffilata di ghiaccio: i vampiri hanno davvero paura di questa Lilith. Ne sono terrorizzati.

Solo due cose, fino ad allora, erano state capaci di gettare nel panico dei vampiri antichi e praticamente immortali: le streghe negromanti e le fate. Ma Lilith sembrava una minaccia persino peggiore.


Devo concentrarmi. Devo… devo… liberarmi da queste maledette corde. Concentrati, Sookie, coraggio. Signore, aiutami, ti prego, dammi la forza, aiutami a usare la luce, ti prego Signore, ti prego ti prego ti prego ti prego-

In quel preciso istante, da ciascuna mano si liberò una bolla di energia incandescente; un secondo dopo le corde stavano friggendo, irrimediabilmente corrose nel punto in cui la luce di Sookie le aveva colpite. Sookie, finalmente libera, balzò in piedi e si esaminò le braccia, constatando con un sospiro di sollievo che non vi erano ustioni di alcun tipo, solo le escoriazioni dovute al prolungato attrito delle corde contro la pelle. Non perse altro tempo; si precipitò al centro della stanza, dove erano collocati i due lettini. Eric giaceva ancora privo di coscienza, il suo colorito solitamente bianco aveva assunto una preoccupante sfumatura grigio-verde; invece Pam era sveglia e vigile, sebbene i suoi occhi fossero cerchiati da una densa striscia di sangue scarlatto, lasciata forse dalle lacrime. Entrambi erano collegati, tramite una manciata di sottili tubicini inseriti in punti chiave del corpo, a una flebo contenente un liquido misterioso, che con ogni probabilità era argento colloidale. Senza esitare oltre, Sookie strappò tutti i tubicini, liberando i due vampiri. Pam si puntellò a fatica sui gomiti.

“Non si sveglia”, constatò con angoscia, osservando il volto immobile del suo Maker.

Sookie afferrò un frammento di vetro e lo usò per praticarsi uno squarcio sul polso sinistro. “Il mio sangue lo rimetterà in sesto” - dichiarò per poi strofinare il polso grondante sangue sulla bocca di Eric. Rabbrividì un poco quando si accorse, con la coda dell’occhio, che Pam aveva esteso di riflesso i canini. Ma fu solo un attimo, perché subito dopo il volto di Eric fu percorso da un guizzo – quasi una scintilla vitale – e le sue labbra si dischiusero con uno scatto per aderire perfettamente intorno allo squarcio sanguinante. Sookie lanciò un breve urlo di dolore, ma si tappò la bocca velocemente con la mano libera per evitare che la creatura infernale – ovunque essa si trovasse in quel momento – potesse accorgersi di cosa stava succedendo, e rimase ad osservare il volto di Eric che di secondo in secondo si distendeva e tornava bianco come la neve come era sempre stato.


Durò meno di un minuto; proprio mentre Sookie cominciava ad accusare il primo capogiro, Eric si staccò dal suo polso e spalancò gli occhi. Pam gli gettò le braccia al collo, d’impulso. “Mi dispiace!”, singhiozzò. “Mi dispiace non aver ricevuto il tuo messaggio in tempo! E’ tutta colpa di quella… sono stata stupida.”

Eric le passò una mano sui capelli, brevemente.

“Non volevo che venissi” bisbigliò, con voce rauca. “C’è un motivo, se ho deciso di frapporre un oceano tra te e me. Non volevo che venissi”, ripeté; poi saltò in piedi con uno scatto fulmineo e si parò di fronte a Sookie.

“Stai sanguinando” – disse, aspro; le afferrò bruscamente il polso, si punse un polpastrello con il canino e usò la goccia di sangue che ne fuoriuscì per rimarginarle lo squarcio senza smettere di fissarla con aria severa.

“Prego, Eric, non c’è di che!” esclamò Sookie, esterrefatta, e ritirò la mano come se si fosse scottata. “Non serve ringraziarmi per essermi precipitata in tuo soccorso!”

“Non te l’ho chiesto” replicò Eric. “Anzi, se non vado errato, ti ho chiesto l’esatto contrario.”

“Pensavo fossimo d’accordo sul fatto che dobbiamo salvarci il posteriore a vicenda.”

“Pensavo fossimo d’accordo sul fatto che devi. stare. fuori. dai. guai.” – scandì Eric. “E non prendere iniziative scellerate di testa tua.”

“Non ci posso credere… mi stai facendo la ramanzina perché ho deciso di venire a salvarti, oppure perché nel farlo ho coinvolto Pam?”

“Oh, per la miseria, piantatela!” esplose Pam, rialzandosi a fatica dal lettino. L’argento colloidale era ancora in circolo in lei e lo sentiva bruciare nelle vene, sebbene fosse stata sottoposta alla flebo letale per un lasso di tempo molto breve, al contrario di quanto era accaduto a Eric. “Abbiamo un fottuto demone vampiro immortale alle calcagna che vuole farci tutti a pezzi e lasciare sgocciolare le nostre interiora sul pavimento di questo posto di merda… ve lo ricordate, per caso? A giocare alla coppietta sposata ci penserete quando avremo ucciso quel figlio di puttana!”

Fu in quel momento che uno stridio primordiale, feroce e folle, li fece trasalire tutti e tre troncando la discussione di netto.

 

 


-


 

- qualche minuto prima -

 

Quando una macchia di sangue iniziò ad allargarsi sotto e intorno al suo torace, Raistan dovette mordersi la lingua per il dolore. Quell’essere immondo lo aveva privato anche dell’ultima cosa che poteva garantirgli uno straccio di conforto, la possibilità di urlare. Giaceva prono sul pavimento incrostato, con gli occhi offuscati dalla polvere e dalle lacrime che si stavano formando contro la sua volontà, le labbra cucite insieme da chissà quale artificio demoniaco; il piede di Billith premuto sulla nuca lo costringeva a terra senza lasciargli alcuna possibilità di muoversi, ma quella era la parte meno sgradevole. Qualcosa… Raistan non poteva esserne certo, ma in un barlume di lucidità dedusse che dovevano essere gli artigli di Billith, o qualsiasi appendice mostruosa avesse al posto delle dita… qualcosa gli stava squarciando la schiena ormai nuda, con sadica lentezza, seguendo la linea della spina dorsale.

“Sai, Van Hoeck, le leggende sui vampiri sono curiose. Per esempio, ho scoperto che ne esiste una secondo la quale un vampiro dovrebbe temere il simbolo della croce. Buffo, non trovi? Perché mai una semplice coppia di linee incrociate dovrebbe essere letale per quelli della nostra specie? Oh, al diavolo. Voglio proprio sperimentare se questa favola ha un qualche fondamento di verità.” E così dicendo aprì un secondo squarcio sulla schiena di Raistan, questa volta orizzontale, da scapola a scapola. Raistan si morse la lingua fino a farla sanguinare, finché la sua coscienza non si spense di nuovo.


Blackout.


Poi, di nuovo, dolore.

“Ti fa male?” chiese Billith con una nota di melliflua, insincera preoccupazione nella voce. “Però, chi l’avrebbe mai detto. Allora è vero che le croci sono pericolose per i vampiri!”

Esplose in una risata gracchiante, folle, stridula, che nemmeno lontanamente poteva passare per qualcosa di prodotto da una gola, umana o vampira che fosse. Era un suono che riecheggiava a molteplici frequenze, come un richiamo animalesco di centinaia di creature all’unisono; aveva in sé qualcosa di arcaico, di… primordiale.

Dopo qualche istante, Billith smise di ridere di colpo, come se qualcuno avesse spento un interruttore.

“Sai, Van Hoeck? Ci si sente da dio…” - si guardò lo stomaco con aria compiaciuta – “… a essere un dio!”

Altra risata gracchiante, altro silenzio improvviso. “Niente più paura del castigo divino, finalmente. Perché io sono il castigo divino! La Sua potenza fluisce in me come un fiume in piena”, continuò, in tono solenne. “Non c’è più distinzione tra la mia entità e la Sua. Quello che Lei sa, io so. Quello che io so, Noi sappiamo. E Noi sappiamo, mio buffo parassita biondo…” – allungò una mano per sollevare la testa di Raistan tirandola per i capelli – “… che tra te e Bill Compton c’è stata una storia molto intensa, a cui tu hai posto fine con inaudita crudeltà. Non pensi che dovremmo pareggiare i conti? Noi pensiamo di sì. Noi siamo convinti che il nostro servitore più fedele meriti una giusta vendetta. Come dicono i mortali, karma is a bitch.”


A Raistan, nonostante tutto, non sfuggì il fatto che Bill era passato dal singolare al plurale nel riferirsi a  se stesso. Prima era Bill e parlava di Lilith. Poi era Lilith e parlava di Bill. Ora non era né l’uno né l’altro e parlava di ‘noi’. Non c’è più distinzione fra la mia entità e la sua. La frase gli riecheggiò nella testa, mentre cercava disperatamente di spalancare la bocca per urlare, riuscendo solo a praticarsi delle microferite sanguinanti nel punto di unione fra un labbro e l’altro. Doveva reagire.

Si ricordò del proiettile d’argento nella sua tasca; lo afferrò e, incurante del dolore atroce, lo strinse nel palmo fino a stritolarlo, riducendolo in un mucchietto di polvere e schegge taglienti. Poi, con le poche forze che gli rimanevano e un deciso colpo di reni, ruotò su se stesso fino a mettersi in posizione supina e lanciò il mucchio di frammenti d’argento dritto in faccia a Billith, colpendolo negli occhi.

La creatura ruggì orribilmente e si portò entrambe le mani artigliate sul volto. Poi sparì all’improvviso, quasi come se si fosse smaterializzata. Raistan sgranò gli occhi e si guardò freneticamente intorno, cercando di capire in che punto sarebbe ricomparso.

Stava ancora scandagliando con gli occhi l’ambiente circostante quando un dolore terribile esplose in lui senza alcun preavviso.

 

 


-

 

Eric si appiattì dietro l’angolo del cunicolo, segnalando con un cenno alle due femmine che lo seguivano di fare altrettanto senza produrre il minimo rumore. Con estrema cautela, si sporse leggermente oltre il nascondiglio offerto dal muro per osservare la scena che si stava svolgendo di lì a qualche decina di metri di distanza. Il vampiro una volta conosciuto come Bill Compton era in piedi, immobile come un palo e con un ghigno diabolico stampato sul volto, accanto al corpo praticamente inerme di Raistan che sussultava e si contorceva come in preda a terribili convulsioni, emettendo flebili, sordi guaiti gutturali. Intorno ai due, strane ombre nere fluttuavano e guizzavano, stagliate contro la luce intermittente di una vecchia lampada al neon ravvivatasi chissà come. Tornò a nascondersi dietro l’angolo: non aveva bisogno di continuare a guardare per sapere di cosa si trattasse.

Dietro di lui, Sookie – Eric aveva preteso che camminasse tra lui e Pam, così da essere esposta al minor rischio possibile – fece per sporgersi, ma fu rispedita indietro da una manata silenziosa del vichingo, che scosse la testa rabbiosamente nella sua direzione. “Non guardare”, le sillabò.

Cosa diavolo sono?

Questa volta fu Pam a intromettersi mentalmente, sfruttando il canale psichico aperto con il suo Maker e alimentato dalle potenti scariche di adrenalina.

Spiriti, scandì Eric con le labbra.

Antichi spiriti vassalli, insieme alle anime della gente morta all’interno dell’ospedale. Ecco cos’erano. I testi antichi dicevano il vero, Lilith si accompagnava alle anime dei defunti, le attraeva come una calamita.

 

All’improvviso, Billith perse interesse in Raistan e si alzò, inarcando la schiena e fiutando l’aria come un segugio.

“Come out, come out, wherever you are” cantilenò con aria sognante, non appena ebbe identificato la fonte dell’odore. “Il topolino è caduto nella trappola e più si agita più rimane invischiato, hihihi…”, ridacchiò. “La piccola fata è venuta da noi per offrirsi in sacrificio in remissione dei suoi peccati… Come una falena alla fiamma… Ah ah! Vieni qui, sciocca, abominevole creatura, scherzo del destino! Vieni qui e offriti in sacrificio, altrimenti noi ti staneremo, dopo aver ucciso tutti i tuoi alleati! Vieni… qui…

Sookie, quasi paralizzata per il terrore, guardò Eric.

“Devo… andare” mormorò quasi afona. Lui scosse la testa con decisione, snudando i canini.

“Se faccio come dice, magari… vi risparmierà.”

“No!” sibilò Eric e la spinse tra le braccia di Pam lanciando a quest’ultima un’occhiata eloquente che stava a significare guai a te se te la lasci sfuggire, poi si portò l’indice alle labbra.

Fa’ come ti dico, rimani nascosta e fidati di me.

Sookie trasalì nell’accorgersi che il pensiero, formulato da Eric, le era arrivato forte e chiaro. Mai, mai era accaduta una cosa simile in precedenza, con nessun vampiro.

Annuì e restò a guardare, a occhi sbarrati, Eric che usciva allo scoperto con un paio di lunghe, decise falcate e rimaneva fermo nel cono di luce dello stretto corridoio, proprio di fronte a Billith.

 

 


 

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Commenti: 5
  • #1

    Iris (lunedì, 18 marzo 2013 14:14)

    Dio, ma cosa devono ancora sopportare questi poveri vampiri? Giuro che se ci si cala veramente nell'atmosfera cupa di questo posto si viene colti da un senso di soffocamento che raramente ho sperimentato, leggendo qualcosa. Di questo bisogna rendere merito a Lucia e Claudia, ma cavoli, siete proprio cattive! Quanto terribile dev'essere provare un simile dolore senza nemmeno poter gridare?
    E l'argento che ti scorre nelle vene, dandoti l'impressione di bruciare dentro?
    Ho iniziato a guardare AHS, è angosciante, ma è al vostro racconto che penso, e siete riuscite a rendere il posto ancora più claustrofobico.

    Che dire, d'altro? Brave! E spero proprio che alla fine troverete un modo per sconfiggere quel maledetto.

  • #2

    Mabel (lunedì, 18 marzo 2013 14:20)

    Davvero inquietante la descrizione della progressiva demonizzazione di Bill, le nature che si fondono e si alternano è davvero suggestiva. Molto evocativa anche la lentezza che si prende Billith per torturare Raistan, la consapevolezza della superiorità che gli viene dal suo status di dio e molto appropriato il delirio di onnipotenza che lascia sottintendere che a guidare le azioni di Bill da vampiro fosse più la paura di una conseguenza anziché una coscienza che sceglie il bene... inoltre epr una volta il potere di fata ha funzionato al momento giusto!

  • #3

    Aria (lunedì, 18 marzo 2013 15:03)

    @Iris, l'ho detto che le nostre due autrici qui sono un pelino sadiche! ;)
    Non facciamo in tempo a tirare il fiato per Eric provvisariamente scampato alla sua tortura e per le mani di fata di Sookie che finalmente hanno ripreso a funzionare (speriamo reggano ancora per un pò), che ci ritroviamo ad assistere ai tormenti di Raistan.
    Non posso che continuare a notare che, a prescindere dalla veste che assume, quel che resta di Bill è sempre e comunque un vigliacco.
    Non aveva abbastanza poteri come Billith per seviziare Raistan (standing ovation per il suo guizzo ed il coraggio che lo porta a reagire perfino in quelle conizioni), aveva bisogno anche dell'assistenza degli spiriti vassalli?

  • #4

    LuciaG (lunedì, 18 marzo 2013)

    Ecco qui le nostre lettrici chiacchierine! Io non so che immagine ci forniranno di Billith nella prossima serie di True Blood, so che a noi è venuto naturale rappresentare la sua doppia natura, e stiamo ancora scoprendo gli immensi poteri di cui dispone, purtroppo volti soltanto al male.
    Una cosa è certa, Bill dà il meglio (si fa per dire) quando sa di non rischiare niente e di avere le spalle coperte, per cui non si fa problemi a torturare qualcuno inerme a terra, ricorrendo alle diavolerie più agghiaccianti solo perchè... può.

    Personalmente, il suo discorso in cui le due nature si mischiano e si intersecano, dando origine a qualcosa di nuovo, mi ha fatto venire i brividi.

  • #5

    Claudia (lunedì, 18 marzo 2013 16:07)

    In effetti il dilemma di come rappresentare Billith ce lo siamo posto molto seriamente, in controtendenza rispetto alla nostra abitudine di lasciare che la storia si scriva da sola, per così dire. Era una questione chiave e a mio parere credo che la nostra soluzione sia più che accettabile, anzi, spero che venga adottato qualcosa del genere anche nella sesta stagione. Personalmente i personaggi che parlano di se stessi in terza persona, oppure al plurale, mi hanno sempre messo i brividi. Non abbiamo scelto di far parlare esclusivamente Lilith, come farebbe un qualsiasi demone durante uno stato di possessione: l'idea che le due essenze fossero compenetrate l'una nell'altra, che Billith fosse una creatura costantemente in divenire ci sembrava molto più originale e inquietante. Un'idea di evoluzione, ma al contrario, che ribalta quanto espresso da Bill durante la season 5 (quell' "evolving" detto a Eric...)

    A questo punto siamo mooolto curiose di vedere la versione "canon" di Billith che ci offrirà TB!

    Grazie a tutte per i commenti!